
Affermare che il
fotovoltaico è “ad emissioni zero” non è proprio corretto. Questa constatazione ci arriva dalla California attraverso
Dustin Mulvaney, docente presso il “San Jose State Environmental Studies”.
Lo studioso statunitense ha quantificato le
emissioni di CO2 necessarie a produrre e trasportare i componenti di un impianto fotovoltaico, nonché a smaltire i pannelli a fine vita. Secondo Mulvaney le emissioni prodotte solo per il trattamento dei rifiuti corrisponderebbero a quelle evitate in circa tre mesi di attività dell’impianto.
Inoltre il professore ha sottolineato la pericolosità dei rifiuti prodotti da un impianto a fine vita, caratterizzati da
sostanze chimiche tossiche che vanno trattate con molta attenzione. L’intento di Mulvaney è quello di rendere consapevoli coloro che considerano i sistemi fotovoltaici assolutamente “puliti” e poco inquinanti.
D’altronde questo è il messaggio che viene passato dall’industria dell’energia solare. Non è un caso che l’allarme arrivi dalla
California, dove dal 2007 al 2011 sono state smaltite ben 20 mila tonnellate di sostanze tossiche. Lo Stato USA sta infatti cercando di trovare per ogni settore delle soluzioni per ridurre al minimo il rischio di inquinamento.
Il giornalista ambientale Chris Clarke, in un recente articolo, ha addirittura proposto di far inserire per legge un’etichetta sui
pannelli solari che ne indichi la tossicità. Altri prodotti sono già etichettati con la cosiddetta “Carbon footprint”, che ne indica il livello di emissione di CO2.